Il Gran Priorato Russo

Lo zar Pietro il Grande

Le prime relazioni diplomatiche tra la Santa Russia e l’Ordine di San Giovanni di Gerusalemme ebbero inizio nel 1698, sotto lo zar Pietro il Grande (1672-1725), quindi un secolo prima che gli Ospitalieri fossero esiliati da Malta ad opera dei rivoluzionari francesi.
In quell’anno l’ambasciatore dello zar, il boiardo Boris Petrovich Sheremetev (1652-1719), fu ricevuto con ogni onore dall’allora gran maestro Raymond Perellos e sebbene fosse ortodosso e sposato, divenne il primo cavaliere di Malta russo. Il futuro feldmaresciallo Sheremetev era a Malta per sottoscrivere un’alleanza tra l’Ordine giovannita e l’Impero russo nella comune lotta contro il Turco.
Grazie al decisivo appoggio di: Austria, Polonia, Venezia e dei cavalieri di San Giovanni, in virtù del successivo trattato di Costantinopoli dell’anno 1700 la Russia ottenne dall’impero ottomano il tanto sospirato porto sul Mar Nero.
Nei decenni successivi i rapporti tra l’Ordine e i Romanov divennero sempre più intensi e durante il regno di Caterina II la Grande (1729-1796) fu firmata una nuova alleanza tra la Russia e Malta, grazie alla quale numerosi ufficiali dell’Ordine combatterono a fianco dei reggimenti zaristi contro l’impero ottomano. Uno di questi fu Giulio Renato Litta, al quale la zarina fece dono di una spada dorata in riconoscimento del suo valore e fu insignito del terzo grado dell’Ordine di San Giorgio. Nel frattempo gli ufficiali russi Kozlenkov, Selifontov, Kokovcev, Ragozik, Skuratov e Mosolov furono inviati a Malta, dove rimasero in servizio nella flotta melitense per tre anni, in modo da apprendere “l’arte nautica” dei cavalieri.

Il Balì Giulio Renato Litta

La stessa imperatrice Caterina mantenne sempre una fitta relazione epistolare con il gran maestro Emmanuel de Rohan-Polduc (1775-1797) e fu su esplicita richiesta della sovrana che proprio il cavaliere milanese Giulio Renato Litta Visconti Arese, quale esperto marinaio, fu inviato in missione a San Pietroburgo nel gennaio 1789 per riorganizzare la flotta russa in vista del conflitto con la Svezia.

Conquistatosi presto i favori dell’imperatrice e dell’allora granduca Paolo, il cavaliere Litta fu nominato maggior-generale della marina e in quel ruolo, durante l’intero conflitto, seppe distinguersi in numerose battaglie navali, tanto che fu promosso contrammiraglio. In seguito Litta assunse la cittadinanza russa e ricevette dallo zar Paolo I il titolo di conte.


Sul finire del sec. XVIII,l’antica potenza militare dell’Ordine di San Giovanni di Gerusalemme, anche detto dei Cavalieri Ospitalieri o di Malta era oramai soltanto un pallido ricordo.
Spogliato dei suoi possedimenti in Gran Bretagna da Enrico VIII, privato in Germania di ben tredici delle
sue quindici commende dalla Riforma luterana, persi ogni fondo e rendita in Francia e nell’Italia centrosettentrionale in seguito alle conquiste rivoluzionarie transalpine e infine diviso al suo interno da ripetuti contrasti religiosi tra cavalieri cattolici (italiani e spagnoli) da un lato e cavalieri protestanti dall’altro (ugonotti francesi e luterani tedeschi), nonché da contrastanti sentimenti nazionalistici (inglesi, tedeschi e francesi in particolare), l’Ordine giovannita pensò seriamente a come potersi espandere e trovare nuovi finanziamenti in territori ancora vergini.

Dopo un primo e mal riuscito tentativo nelle Antille, che comunque fruttò il possesso delle isole Saint Christopher e St. Martin dal 1639 al 1665, l’ascesa al trono dello zar Paolo I offrì nuove e fondamentali possibilità all’Ordine d’insediarsi in quello sconfinato impero, di ricavare vitali risorse economiche ed anche di ottenere un prezioso aiuto militare.

Paolo I con i figli e Giuseppe d’Ungheria

Già quale granduca Paolo aveva dimostrato il proprio interesse per l’Ordine di San Giovanni e una volta divenuto zar, seppe propiziarsi i favori della Santa Sede con il ripristino in Russia dell’Ordine dei Gesuiti del quale era convinto assertore, assegnandogli inoltre diverse diocesi.
Con il benestare di papa Pio VI, che non solo nutriva per lo zar una sincera amicizia ma provava anche una grande gioia per l’inizio di un’era di riavvicinamento ideologico che, tramite l’Ordine di San Giovanni in Russia prometteva la possibilità per la Chiesa romana di creare un’enclave cattolica all’interno delle alte sfere di governo e della nobiltà russe, il gran maestro Emmanuel Rohan-Polduc e l’imperatore di Russia nel gennaio 1797 siglarono una “Convenzione solenne” con la quale fu istituito il gran priorato di Russia, incorporato nella Lingua anglo-bavarese dell’Ordine e dotato d’importanti rendite dalla munificenza delle zar. Nell’occasione Paolo I ricevette in dono dall’Ordine una reliquia storica inestimabile per i cavalieri, il gran collare con croce di Malta appartenuto al gran maestro Jean Parisot de La Vallette.

La convenzione era molto vantaggiosa per l’Ordine, poiché prevedeva un donativo annuo in rubli pari a 300.000 fiorini, da versarsi in due rate semestrali a cura della Tesoreria imperiale. Fu stabilito inoltre che l’Ordine in Russia assumesse la denominazione di “Gran Priorato di Russia”, che fosse costituito da dieci commende, di cui una di “grazia magistrale” e che le commende ereditarie o di juspatronato, già parte dell’ex gran priorato di Polonia ed ora assorbite dall’impero russo, fossero riconosciute e permesse.

Lo zar Paolo I

Un Ordine composto in gran parte dai cadetti delle più nobili famiglie di Francia non poteva riscontrare le simpatie dei rivoluzionari francesi, ma conscio della propria inferiorità, il gran maestro de Rohan seppe per alcuni anni barcamenarsi alla meglio con il nuovo governo transalpino, sino a quando nel 1793 la rottura dei rapporti diplomatici tra la Repubblica francese e il Regno delle Due Sicilie, del quale l’Ordine di San Giovanni era feudatario, costrinse il de Rohan a prendere partito tramite la chiusura dei porti di Malta alle navi battenti bandiera francese e l’autorizzazione concessa all’Inghilterra di arruolare marinai maltesi. Una decisione scaturita dal timore del gran maestro di vedersi esautorato dei suoi diritti di sovranità su Malta che la donazione di Carlo V assegnava esplicitamente al re delle Due Sicilie e dall’errata convinzione che i potenti eserciti della Prima Coalizione non avrebbero incontrato soverchie difficoltà ad avere ragione di una massa di popolani armati.

Impegnata a quel tempo in una dura lotta per la propria esistenza la Francia non reagì immediatamente, ma il continuo crescere di sospetti e dissapori tra il governo repubblicano e la minuscola isola mediterranea indusse nell’agosto del 1797 il sacro consiglio dell’Ordine a porsi sotto la tutela russa, domandando allo zar Paolo I di accettare il titolo di protettore dell’Ordine offertogli dal gran maestro de Rohan. Lo stesso giorno il balì Litta, che ancora si trovava a San Pietroburgo, fu nominato per acclamazione ambasciatore dell’Ordine presso l’imperatore di Russia e incaricato di presentare la proposta allo zar; le credenziali di ambasciatore consegnate con urgenza al Litta dal cavaliere polacco Karl Raczynsi.

Paolo I con i paludamenti solenni

Ancora una volta Paolo I, accettando tutti gli oneri e onori che un simile titolo comportava, non deluse le grandi speranze dei cavalieri di Malta e il 27 novembre 1797, innanzi all’intero senato di San Pietroburgo e vestito con i paramenti delle occasioni solenni lo zar ricevette ed accettò ufficialmente dal conte Litta e dai funzionari dell’ambasciata di Malta il titolo di protettore dell’Ordine.

La notizia giunse velocemente a Parigi e unitamente ai favori concessi da Malta all’odiata Inghilterra e all’elezione di un nuovo gran maestro austriaco – lo sfortunato Ferdinand von Hompesch zu Bolheim (1797-1798) – convinse il Direttorio a dare ascolto ai piani di conquista dell’arcipelago maltese proposti dal generale Bonaparte al fine di prevenire le tre altre potenze interessate all’uso di Malta quale base militare al centro del Mediterraneo: Austria, Inghilterra e Russia.

Il 12 giugno 1798, senza avere opposto la benché minima resistenza credibile (nonostante fosse stato avvertito dell’approssimarsi della flotta inglese dell’ammiraglio Horatio Nelson) von Hompesch appose l’ignobile firma sulla convenzione di resa. Dopo quasi 268 anni l’Ordine di San Giovanni cedette alla Repubblica Francese la sull’isola di Malta; atto invero illegale, poiché la donazione di Carlo V escludeva la possibilità per l’Ordine di cedere un possedimento della Corona di Spagna senza il preventivo assenso del re delle Due Sicilie.
Nella notte dal 17 al 18 giugno von Hompesch, al quale in cambio della resa furono promesse 300.000 lire di pensione dalla Repubblica francese, lasciò per sempre Malta a bordo della fregata francese “L’Artemise”, diretto a Trieste e seguito da quindici suoi collaboratori, compreso il comm. Miari, futuro balì dell’Ordine pontificio.
Ventitré cavalieri francesi ottennero da Napoleone il permesso di restare a Malta, in ragione della loro età o infermità, mentre trentaquattro seguirono l’armata francese nella sua sfortunata avventura in Egitto. Di tutti gli altri presenti a Malta, i meno coraggiosi tornarono ai loro paesi d’origine e confluirono nelle istituzioni giovannite indipendenti e già esistenti o formandone di nuove, mentre un numero importante d’intraprendenti cavalieri ospitalieri trovò protezione in Russia, ove si unirono ai confratelli fuggiti dalla Francia durante la Rivoluzione e a quelli appartenenti all’ex gran priorato di Polonia.
Circa 198 tra balì, gran croce, commendatori e cavalieri (ovvero gran parte del governo dell’Ordine), correttamente reputando lo zar Paolo I quale più possente difensore dell’Ordine, accorsero sotto le sue insegne e non se ne pentirono.

Domandato al ministro O’Hara, incaricato russo a Malta, un rapporto circostanziato sulle cause della resa dell’isola e avuta conferma del tradimento di von Hompesch, Paolo I non esitò a prendere le difese dell’Ordine contro l’usurpatore francese, considerando l’accaduto come un’offesa personale fatta al protettore dell’Ordine.
La Russia si aggiunse così alla seconda coalizione. Nell’aprile del 1799, circa 70.000 uomini al comando del feldmaresciallo Aleksandr Vasil’evič Suvorov furono inviati a riconquistare la Svizzera e l’Italia e giunsero fino alla città di Torino mentre la flotta russa, dopo aver collezionato vari successi nelle isole ioniche, riconquistò le città di Napoli e Roma.

Paolo I con il gran collare di La Vallette

Nel frattempo i balì, gran croce, commendatori e cavalieri del gran priorato russo, unitamente ad altri cavalieri di San Giovanni di Gerusalemme, riuniti in assemblea straordinaria dichiararono decaduto per alto tradimento von Hompesc e proclamarono lo zar Paolo I 71° Gran Maestro dell’Ordine, carica ufficialmente accettata del sovrano russo nel novembre dello stesso anno. Pio VI dal monastero di Cassiano, presso Firenze, probabilmente confidando nelle armate dello zar per essere affrancato dalla cattività francese, nonostante l’imperatore fosse sposato e ortodosso, il 5 novembre 1798 inviò con Apostolica Benedizione al Balì Giulio Litta la sua approvazione all’elezione dello zar Paolo I alla guida dell’Ordine di San Giovanni di Gerusalemme detto anche dei Cavalieri Ospitalieri.

Il Papa Pio VI

In verità, nella sua lettera, il pontefice approvava la decisione del gran priorato russo di affidare allo zar il comando nell’Ordine e non l’elezione a gran maestro, ma dopo diversi colloqui alla Certosa e vari carteggi con i cardinali, la Chiesa optò per un silenzio-assenso per: “non offendere un principe potentissimo qual’era Paolo I, al quale, in singolar modo, stavano veramente a cuore la Santa Sede, Roma, gli stati della Chiesa e la persona di Pio VI”, limitandosi a far scrivere da mons. Spina, dopo quattro mesi, una memoria riservata a mons. Lorenzo Litta Visconti Arese – fratello del balì – arcivescovo di Tebe e delegato apostolico presso la corte di Russia, affinché, in privato, facesse sapere ai cavalieri della contrarietà del Santo Padre per quella elezione. Lo scritto era a carattere così segreto da essere allegato in busta ad altra lettera, sempre indirizzata al nunzio Litta e inviatagli da mons. Odescalchi il 16 marzo 1799.

Questa comunicazione riservata viene citata da alcuni a riprova della non costituzionalità dell’elezione di Paolo I; in realtà si tratta solamente di una comunicazione confidenziale che nelle intenzioni della Chiesa era destinata a non essere divulgata. Paolo I fu pertanto gran maestro dell’Ordine “de jure” e non solo “de facto”, poiché non esiste un solo documento ufficiale del papa che neghi la validità di tale nomina, mentre la formula del silenzio-assenso è tuttora accettata e utilizzata.
Dal punto di vista internazionale dell’epoca (così come ai nostri giorni) è inteso che l’attitudine negativa della Santa Sede, fosse stata anche palesemente manifestata, non avrebbe minimamente inficiato la legittimità del gran magistero dello zar Paolo I, riconosciuto da pressoché tutte le potenze europee e priorati dell’Ordine, così come la legalità del gran priorato russo, basato in ultima analisi sul Trattato del 15 gennaio 1797, regolarmente stipulato da due poteri sovrani, senza alcuna partecipazione o ingerenza
della Curia Romana.

Paolo I Gran Maestro dell’Ordine di San Giovanni

Lo stesso giorno della sua elezione a gran maestro, Paolo I decretò che alle insegne dell’Ordine fosse aggiunto lo stemma imperiale, cioè l’aquila bicefala coronata ad ali spiegate (tuttora insegna OSJ-KH) e che al già esistente “Gran Priorato Russo” (destinato ai sudditi cattolici dello zar e imperniato sull’ex gran priorato cattolico di Polonia, il governo dell’Ordine a Malta e tutti quei cavalieri europei, che lasciati i loro paesi, avevano raggiunto San Pietroburgo) fosse affiancato un nuovo “Gran Priorato di Russia” per il ricevimento dei nobili russi ortodossi, ma anche di tutte quelle persone giudicate degne di farne parte, senza distinzione di nazionalità, confessione religiosa o classe sociale. Il decreto magistrale con il quale fu istituito “per sempre” il gran priorato di Russia (28 dicembre1798), con il quale Paolo I decretò anche l’ereditarietà del titolo di commendatore dell’Ordine per i primogeniti delle famiglie aventi diritto e di protettore per i suoi discendenti, segnò anche la data di nascita ufficiale dell’Ordine di San Giovanni di Gerusalemme “ecumenico”, ovvero l’attuale OSJ-KH; anche se di fatto, sin dai suoi albori l’Ordine gerosolimitano fu sempre di fatto ecumenico.
Il silenzio-assenso del pontefice e l’avvenuta intronizzazione del 10 dicembre 1798 del nuovo gran maestro da parte del nunzio apostolico Lorenzo Litta Visconti Arese (nominato cardinale nel successivo concistoro del 23 febbraio 1801 da Pio VII), fecero sì che le tutte le Potenze europee e i principali priorati di Germania, Baviera, Boemia, Napoli, Sicilia, Venezia, Portogallo, Lombardia, Pisa e in ultimo Messina, nella speranza che la protezione dello zar avrebbe garantito la sopravvivenza dell’Ordine, riconoscessero ufficialmente l’elezione di Paolo I; solo i priorati di Spagna (nazione in guerra con la Russia) e quello di Roma si rifiutarono di riconoscerlo.
Nutrite rappresentanze delle tre Lingue di Francia: Alvernia, Francia e Provenza, con quelle d’Italia, Inghilterra e Alemagna (anglo-bavarese) erano già in Russia con lo zar, quindi sei Lingue dell’Ordine su otto riconobbero ufficialmente Paolo I quale loro gran maestro.

Il successivo intervento dell’imperatore d’Austria Francesco II in favore della posizione di Paolo I quale gran maestro dell’Ordine, dopo che già si era adoperato per fare sequestrare a von Hompesch le tre sacre reliquie gerosolimitane alfine di consegnarle allo zar, ha un basilare valore simbolico, poiché quale primo
sovrano d’Europa (come rango) nella sua qualità d’imperatore del Sacro romano impero germanico e re “apostolico” d’Ungheria, rivestì l’elezione di Paolo I di una legittimità pressoché universalmente riconosciuta.

L’ostilità e il denaro dell’Inghilterra, che in virtù dello zar gran maestro giovannita non desiderava riconsegnare l’importante base navale di Malta ai Russi, unitamente al livore della Chiesa ortodossa che mal sopportava la reintroduzione del cattolicesimo in Russia, fecero sì che lo zar Paolo I fosse assassinato nella notte tra l’11 e il 12 marzo 1801 nel Castello Michel da un gruppo di ufficiali ubriachi comandati dal gen. Bennigsen, un hannoveriano al servizio della Russia; una congiura alla quale non pare fosse estraneo il figlio Alessandro.

Alcune corone degli zar, a sinistra si riconosce quella di gran maestro dell’Ordine di san Giovanni di Gerusalemme

Una volta asceso al trono, lo zar Alessandro I non ebbe naturalmente alcuna intenzione di correre gli stessi rischi del padre, reclamando per sé lo status di gran maestro giovannita, ma desideroso di conservare nelle sue tradizioni l’Ordine di San Giovanni di Gerusalemme in Russia, dopo averne assunto il titolo di protettore, in data 18 marzo 1801, emanò un proclama dove dichiarava di prendere l’Ordine di San Giovanni di Gerusalemme sotto la propria imperiale protezione e di assumere ogni possibile cura per mantenerlo nei suoi diritti, onori, privilegi e possessi.

La celerità con la quale il nuovo zar si occupò degli affari dell’Ordine e la conferma del feldmaresciallo e balì Nikolay Ivanovich Saltykov quale luogotenente dello stesso, testimoniano efficacemente dell’interesse di Alessandro I a mantenere l’Ordine in Russia. Fu questo governo dell’Ordine, con sede a San Pietroburgo e con il balì Saltykov quale luogotenente gran maestro e lo zar Alessandro I quale protettore imperiale, ad essere riconosciuto dalle maggiori potenze europee quale legittimo possessore dell’arcipelago maltese e quindi quale legittimo erede dell’antico Ordine Ospitaliero, nel Trattato di Amiens del 25 marzo 1802, non certamente il ramo cattolico romano, poiché non ancora esistente.